Spoiler — “Nella prossima puntata Melek tornerà indietro dall’orlo dell’abisso, ma non sarà più la stessa”
Nella grande sala dell’ospedale, Melek varca il portone bianco con lo sguardo spento: l’incontro con Chihan l’ha segnata profondamente. Dentro di sé ha già preso una decisione: non porterà al mondo il bambino concepito con lui. Ogni passo sui corridoi asettici sembra echeggiare il suo dolore. Con voce tremula ma ferma, comunica allo staff medico che vuole procedere da subito. Non c’è spazio per ripensamenti.
Pochi minuti dopo è sul lettino per la procedura. Le luci fredde, le pareti bianche, l’infermiera che prepara l’anestesia. Seduta, rigida, le lacrime solcano le guance. Ieri ha pianto per la colpa, per l’abbandono, per le parole dure di Sumru: ora sente che può sopportare ancora. Chiede solo un ultimo attimo. Il medico e l’infermiera la guardano con preoccupazione. Il tempo sembra fermarsi. Poi Melek sente dentro di sé che basta: non vuole più abortire. Si alza dal lettino con una determinazione nuova. Terrà quel bambino.
Nel frattempo, in un’altra ala, Tassin conferma al medico che il fratello Nu può andarsene, ma il dottore insiste sulla cautela. Chiama Nu e, con voce carica di rabbia, promette che i Sansalan pagheranno tutto. Fuori, Melek scappa: attraversa corridoi e giardini, segue sentieri fino a una scogliera isolata. Là dove aveva gettato l’ecografia. La trova tra i sassi, accartocciata. La raccoglie, la bacia con emozione: invoca il nome di Sumru e si giura di difendere quel destino nuovo.
Poco dopo, in un caffè illuminato dalla luce calda, Melek e Sumru si ritrovano. Sedute davanti a due tazzine fumanti, si guardano finalmente senza barriere. Sumru le dice «Grazie per essere venuta», chiede di abbracciarla. Melek non parla, ma i suoi occhi dicono sì. In quel silenzio carico di ferite e riconciliazione, Sumru sussurra: «Ho vissuto in una gabbia fatta di silenzi e paure. Volevo voi accanto, ma non ne ho avuto il coraggio». Straziante la confessione: «Sei una madre migliore di quanto io sia mai riuscita. Vedo in te la luce che ho spento in me». Melek con voce di lacrime trattenute: «Perché io sto vivendo quello che tu hai vissuto. Anche io sono incinta di un uomo che mi ha lasciata». Sumru le apre le braccia senza esitare.
Il racconto continua: a casa, Cadri accoglie Melek tremante. Scopre che aveva pensato di abortire e piange. Melek le dice: «Ho scelto di tenere questo bambino. Devo occuparmi di me, di lui». Cadri la abbraccia, commossa.
Nel frattempo Sumru affronta le sue origini. A lavoro, cammina con scarpe semplici e lo sguardo cambiato. Le colleghe la guardano, lei appare segnata da un cambiamento interiore. A casa poi, la figlia Nihayet le rimprovera di averla abbandonata insieme ai gemelli. Sumru risponde con parole dure: «Avrei dovuto combattere per i miei figli, non vivere all’ombra del passato». Nihayet la fissa: «Non mi hai insegnato il valore del sacrificio, ma della fuga».
Il confronto esplode: urla, animi spezzati. Nihayet ricorda le giornate passate a crescere i fratelli da sola. Sumru, in collera, spezza il silenzio: «Vivevo da una marionetta, e forse è per questo che ho fatto sparire i gemelli». Nihayet resta scioccata quando confessa di aver nascosto la verità persino a Samet.
La scena successiva è la più tesa: Esma e Misut vengono accusati di tradimento da Hikmet. Insieme a Esat, si rifiutano di andarsene. Il confronto tra le due filiali dei Sansalan si fa rovente. Vociare, accuse, Hikmet ordina allontanamento immediato. Esma e Misut tentano di uscire: Esat li difende con fermezza. Nessuno li lascerà andare.
All’improvviso arriva Chihan, furioso. Litiga con Hikmet, poi prende Sevilai per portarla via. Lei resiste, urla: «In questa casa non sono più forte». Lo sguardo tra di loro dice tutto: dolore, amore tradito, risentimento.
Infine la svolta: nel magazzino della famiglia, Tassin entra con autorità. Il suo arrivo stronca la caccia a Sevilai. Dice che lui protegge i gemelli. Confessa: «Sono figlio di una domestica umiliata da Muzaffer Sansalan». L’aria diventa gelida: Chihan estrae la pistola. Le guardie si preparano al peggio.
Tassin li osserva silenziosamente: «Ho atteso paziente. Ora la mia vendetta ha un nome». Ordina di abbassare le armi. Li libera. C’è un silenzio pesante. Tassin si allontana, senza voltarsi.
Chihan, confuso, chiede a Samet perché lo odino. Samet svela il retaggio: la loro famiglia è nata dalla vergogna. Il rancore che li divide affonda radici antiche.
Il capitolo si chiude su Chihan che guida solo, scioccato, mentre pensa che quella guerra è appena iniziata.