SPOILER – La luce del tardo pomeriggio
La luce calda di fine giornata entrava dalle grandi finestre, creando geometrie dorate sulle pareti color crema. L’appartamento, moderno e arioso, sembrava un rifugio sicuro: arredi minimal, piante curate, pile di libri accanto al divano, qualche fotografia in cornici sottili. Tutto parlava di Sumru e del suo desiderio di costruirsi uno spazio personale.
Eppure, dietro quella calma apparente, c’era un’ombra sottile. Una tensione che lei percepiva, ma che cercava di ignorare. Camminava scalza sul parquet, una tazza di tè fumante tra le mani, quando il campanello suonò. Non aspettava nessuno.
Alla porta, Gerkan, affiancato da un tecnico con una valigetta. «La stufa non funziona bene, ho pensato di sistemartela», disse entrando senza attendere risposta. Sumru tentò di mantenere un tono indipendente: «Potevo occuparmene io». Ma lui, con un mezzo sorriso, ribatté: «E come pensavi di resistere senza?».
Quel sorriso non la rassicurava. Cercò di minimizzare, ma Gerkan, abbassando la voce, disse: «A me piace fare queste cose… mi piace prendermi cura delle persone». I suoi occhi si fissarono nei suoi, intensi. Sumru distolse lo sguardo, sentendo crescere un disagio che non sapeva ancora definire.
Nei giorni seguenti, Gerkan iniziò a comparire sempre più spesso. Portava frutta, inventava pretesti per entrare. Lo spazio aperto e luminoso della casa sembrava restringersi ogni volta che lui varcava la soglia. La sua presenza saturava l’aria.
Poi, una sera, il confine invisibile si ruppe. Sumru rientrò stanca e lo trovò ad attenderla sulla porta. Era alterato, l’alito intriso di alcol, gli occhi rossi. «Perché mi eviti? Io ti ho dato tutto: questa casa, il lavoro. In cambio voglio solo te». La sua voce era bassa ma carica di rabbia trattenuta.
Lei arretrò istintivamente. «È tardi, dovresti andare». Ma Gerkan, urlando, forzò la porta. Le stanze ordinate si riempirono della sua voce e della verità che fino a quel momento lui aveva nascosto: l’odio verso la famiglia San Salan era solo una scusa. Il vero scopo, fin dall’inizio, era stato controllarla, possederla.
«Ti amo alla follia e non ti lascerò mai», disse avanzando, le mani pronte a bloccarla. Sumru tentò di liberarsi, il cuore in gola. Riuscì a divincolarsi e a correre verso la porta, ma lui la chiuse con un colpo secco, infilando la chiave in tasca.
La cucina diventò la sua unica via di fuga. Corse, afferrò un coltello, le mani rigide. Gerkan la raggiunse, ma scivolò sul tappetino e cadde, battendo la testa. Silenzio.
Sumru rimase immobile, il coltello stretto in mano. Non sapeva se lui respirasse. La mente correva, ma le dita non riuscivano a comporre il numero della polizia. Alla fine, un nome affiorò: Tassin. Non parlavano da mesi, ma lui era stato uno dei pochi ad aiutarla senza chiedere nulla.
Con gesti rapidi, raccolse documenti, portafoglio, qualche vestito. Chiamò Tassin: «Ho bisogno di te… adesso». La risposta fu immediata: «Dimmi dove sei, sto arrivando».
Quando lui arrivò, la trovò agitata, ma illesa. «Sei ferita?» chiese. Lei scosse la testa. Entrarono in cucina. Un’occhiata bastò a Tassin per capire che non si trattava di una lite comune. Si inginocchiò, controllò il respiro di Gerkan, poi si voltò verso Sumru: «È morto».
Quelle parole caddero come un macigno. Nessuna lacrima, solo un vuoto e, sotto, un sollievo colpevole. Tassin compose un numero che lei non conosceva. «Nu, ho bisogno di te».
Venti minuti dopo, Nu era lì. Nessuna domanda superflua. Guardò Sumru un istante, poi si mise al lavoro con Tassin. In silenzio, avvolsero il corpo in una coperta e lo portarono via.
Sumru rimase in un angolo, le mani intrecciate. La sua casa, con le luci calde e i mobili ordinati, era diventata teatro di un segreto irreversibile. Quando tutto fu pronto, Nu caricò il cadavere in macchina e se ne andò.
Tassin le si avvicinò: «Non guardare indietro. Ora sei al sicuro». Quelle parole erano un patto silenzioso. Nessun giudizio, nessuna domanda. Solo protezione.
Quella notte, Sumru capì che tra lei e Tassin si era creato un legame indistruttibile. Non nato da passione o amicizia, ma dal condividere un’ombra che li avrebbe uniti per sempre. Nessuna promessa, perché il segreto che avevano appena sepolto era già il loro vincolo definitivo.
Gerkan aveva creduto che l’amore potesse nascere dalla paura e dal possesso. Ma la sua illusione era finita lì, sepolta insieme a lui. E Sumru, per la prima volta dopo tanto tempo, sentì che nessuno avrebbe più potuto incatenare il suo cuore.