Sürprizler Tahsin Yenişehirli’den Sorulur | Siyah Kalp
(Parte 5 – Quando il male si traveste da salvezza)
Era passata solo una settimana da quando Bahar era stata trasferita nella casa protetta, ma la tensione nell’aria non aveva mai smesso di crescere. Il silenzio delle pareti era inquietante. Nonostante il sistema di sicurezza, il vero pericolo si nascondeva dentro, non fuori.
Sarp, sempre più consumato dalla paura di perdere Bahar, iniziava a fare errori. Si isolava, evitava lo sguardo dei bambini, e passava ore al telefono con Tahsin Yenişehirli. Un uomo potente, temuto, eppure per Sarp, in quel momento, era l’unico alleato. O così credeva.
“Devi fidarti di me,” diceva Tahsin con voce calma, quasi paterna. “Io posso salvare Bahar. Ma dovrai darmi qualcosa in cambio.” Sarp sapeva che nulla veniva gratis da uno come lui, ma la sola idea di perdere Bahar lo rendeva cieco. “Qualsiasi cosa,” rispose. E così iniziò il patto con il diavolo.
Intanto, Bahar iniziava a notare i cambiamenti nel comportamento di Sarp. Era teso, evasivo. Una sera, lo seguì di nascosto fino allo studio della casa e lo vide mentre parlava in codice, distruggendo documenti subito dopo la chiamata. Il dubbio s’insinuò nel suo cuore: l’uomo che diceva di volerla salvare… la stava proteggendo o usando?
Nel frattempo, Sirin si era rifugiata in un piccolo appartamento fornitole da un uomo misterioso che si faceva chiamare solo “İlyas”. Un nome come tanti, ma dietro si celava un legame inquietante con Tahsin. Ogni giorno İlyas le portava nuovi documenti, nuove prove da lanciare contro Sarp. “Ti fidi ancora di lui?” le diceva con sorriso ironico. “Guarda cosa ha fatto nel 2017… e nel 2019. Bahar non sa nulla. Ma tu puoi aprirle gli occhi. O distruggerla.” Sirin era combattuta: voleva il bene di sua sorella… o forse solo la sua rovina?
Le cose precipitarono quando Nisan, la figlia di Bahar, trovò per caso una delle cartelle rubate dall’ospedale nascosta in uno scatolone nello studio di Sarp. “Mamma… che cos’è questa?” chiese, innocente. Bahar sbiancò. Era la prova che Sirin era compatibile per la donazione e che qualcuno, deliberatamente, aveva nascosto il tutto. In quel momento capì che la malattia non era l’unico nemico. C’erano mani sporche dietro ogni angolo.
Sarp rientrò e trovò Bahar con la cartella in mano. Il confronto fu inevitabile. “Mi hai mentito?” chiese lei con la voce rotta. “L’ho fatto per proteggerti,” rispose lui. Ma per Bahar, non era abbastanza. “Da chi? Da Sirin… o da te stesso?”
Nel frattempo, Hatice, sempre più preoccupata, riuscì a rintracciare un vecchio amico medico che confermò ciò che temeva: la procedura di trapianto era stata bloccata da qualcuno internamente. “Qui non si tratta più solo di gelosia familiare,” disse. “Qualcuno vuole Bahar fuori dai giochi.”
E fu proprio in quel momento che Enver, frugando nei suoi vecchi documenti, trovò una lettera mai spedita. Era di Tahsin, scritta vent’anni prima. Dentro, un riferimento a un patto con il padre di Sarp, riguardante “una figlia che non doveva nascere”. Enver sbiancò. “Non può essere…” Sarp non era solo figlio di chi diceva di essere.
Nel cuore della notte, un’esplosione distrusse il generatore della villa. Le luci si spensero. Gli allarmi tacquero. Fu il caos. In pochi minuti, uomini armati entrarono. Sarp reagì, proteggendo i bambini, mentre Bahar fu trascinata via. Solo uno degli uomini parlò, prima di sparire con lei: “Tahsin manda i suoi saluti.”
Il mattino seguente, la villa era in rovina. I bambini in lacrime, Hatice sotto shock, e Sarp… fuori di sé. Aveva creduto di potersi fidare di Tahsin. Aveva scambiato il veleno per cura. E ora aveva perso tutto.
Bahar si risvegliò in un luogo oscuro, circondata da telecamere, siringhe, e un volto che non vedeva da anni: İlyas. “Benvenuta nel tuo nuovo mondo,” le disse. “Tu sei la chiave. E ora inizierai a ricordare.”
Tahsin, nel suo ufficio, ricevette una chiamata. “La merce è arrivata. E la memoria inizia a tornare.”